giovedì 3 marzo 2011

"E NOI LO CHIAMAVAMO ZIO" I pentiti lo ricordano così

http://www.repubblica.it/online/dossier/andreotti/andreottidue/andreottidue.html

DA " La Repubblica Dossier"


DOSSIER PROCESSO ANDREOTTI/2. 
Da Mannoia a Di Maggio, tutte le rivelazioni. Fino al bacio a Riina

PALERMO - Il primo ad alludere ad un'"entità" senza svelarne il nome fu Tommaso Buscetta a Giovanni Falcone nel 1984. Chi raccontò che i boss consideravano Andreotti il loro santo in paradiso tanto da chiamarlo "zio" fu il nisseno Leonardo Messina, che rivelò anche che Andreotti era "punciutu", ossia ritualmente affiliato a Cosa nostra. Dopo la strage di Capaci, Buscetta rivelò che l'entità di cui aveva taciuto a Falcone era proprio Andreotti. Al viceprocuratore distrettuale di New York, Richard Martin, del resto, mentre si definiva l'accordo di collaborazione per far deporre Buscetta per la Pizza Connection, nel 1985, Buscetta aveva fatto riferimento ad Andreotti, "tra le cose difficili da digerire" che si ostinava a non volere rivelare allora. Da Buscetta e Messina in poi tutti i più importanti collaboratori di giustizia hanno riferito di rapporti e patti con Andreotti. Francesco Marino Mannoia e Balduccio Di Maggio sono gli unici testimoni oculari degli incontri con Bontate, il primo e con Riina, il secondo. L'ultima rivelazione in ordine di tempo è quella di un imprenditore in affari con la mafia, l'ingegnere Benedetto D'Agostino. Ha raccontato al processo che il "papa" della mafia, Michele Greco vedeva Andreotti durante le proiezioni cinematografiche riservate in una saletta di un hotel romano. 

Maurizio Abbatino
Conferma la tesi del delitto Pecorelli come la vendetta ad un ricatto.
Bartolomeo Addolorato
"In provincia di Trapani la mafia votava per gli andreottiani".
Salvatore Annacondia
A lui, nel corso di una confidenza fattagli nel carcere di Ascoli Piceno, nell'agosto del 92, Marino Pulito, l'ex- boss della Sacra Corona Unita, oggi anche lui collaboratore di giustizia, avrebbe detto di aver personalmente ascoltato una telefonata "in viva voce" tra Licio Gelli e Giulio Andreotti. Oggetto della conversazione, l'aggiustamento di un processo in cassazione a carico dei fratelli Amodeo, richiesto da Gelli e assicurato da Andreotti.
Emanuele Brusca
In contrasto con il fratello Enzo, sostiene che fu Di Maggio, vestito a festa, a dirgli che tornava dall'incontro Riina-Andreotti.
Enzo Brusca
Racconta che in un incontro in carcere con il padre Bernardo, il fratello Emanuele gli riferì che Andreotti aveva chiesto un incontro a Riina. Successivamente Emanuele Brusca vide Di Maggio vestito a festa ma non gli chiese il perchè.
Giovanni Brusca
"Per quel che riguarda gli omicidi Dalla Chiesa e Chinnici, io credo che non sarebbe stato possibile eseguirli senza scatenare una reazione dello Stato se non ci fosse stato il benestare di Andreotti". "Durante la guerra di mafia c'erano morti tutti i giorni. Nino Salvo mi incaricò di dire a Totò Riina che Andreotti ci invitava a stare calmi, a non fare troppi morti, altrimenti sarebbe stato costretto ad intervenire con leggi speciali". "Chiarisco che in Cosa Nostra c'era la consapevolezza di poter contare su un personaggio come Andreotti". Del bacio, però non sa nulla.
Tommaso Buscetta
Cita come fonte Tano Badalamenti, che, sebbene non "pentito", tiene a sementirlo. Assiduo frequentatore di uomini della Dc, è il primo non solo a mettere nei guai Andreotti ma a stabilire un nesso tra i rapporti del senatore con Cosa nostra e la fine del giornalista di Op, Mino Pecorelli. 
Antonio Calderone
Catanese, fratello di Giuseppe che fu capo della commissione regionale di Cosa nostra dal '75 al '77 sorregge alla lontana la testimonianza del barman Vito Di Maggio sull'incontro Santapaola - Andreotti a Catania, alla presenza dell'onorevole Salvatore Urso. Ma di Andreotti non sa nulla.
Tony Calvaruso
La sua deposizione ha spinto Leoluca Bagarella a scrivere al presidente del Tribunale per smentirlo. L'ex autista del boss, arrestato con lui nel giugno del 94, aveva detto: "Una sera, a cena vedendo in televisione le immagini del senatore Andreotti, chiesi a Bagarella se veramente lui era uno dei nostri e Bagarella mi rispose: si sta comportando da vero uomo d'onore". Nella stessa missiva Bagarella ha smentito anche Di Maggio.
Salvatore Cancemi
Riferisce sul delitto Pecorelli e racconta dei tentativi di aggiustamento dei processi in Cassazione. Conferma Di Maggio sui rapporti tra Riina, i Salvo, Lima e Andreotti.
Tullio Cannella
Nel novembre del '93, Bagarella gli disse: "Mio cognato, Totò Riina, è stato troppo buono con Andreotti, ha creduto alle sue giustificazioni. Ha creduto al fatto che Salvo Lima e Ignazio Salvo non avessero fatto abbastanza pressioni su di lui per il maxiprocesso. Se fosse stato per me, io ad Andreotti gli avrei fatto fare la stessa fine".
Dice che dopo gli omicidi di Salvo Lima ed Ignazio Salvo, Andreotti avrebbe fatto giungere un messaggio a Riina, giustificandosi con lui per il suo mancato interessamento per l'aggiustamento del maxiprocesso in Cassazione. "Lima e Salvo - avrebbe fatto sapere Andreotti ai capi di Cosa Nostra - non mi fecero alcuna pressione per il maxiprocesso".
Federico Corniglia
E' un falsario che racconta di un incontro tra Andreotti e Frank Coppola negli anni '70.
Gaetano Costa
Collaboraotre di giustizia messinese, rivela che nel 1983 quando era detenuto a Pianosa e minacciava di organizzare una rivolta, Leoluca Bagarella, lo bloccò dicendogli che sarebbero stati trasferiti, cosa che accadde perchè "c'è di mezzo il gobbo", riferendosi ad Andreotti.
Salvatore Cucuzza
"Andreotti ha fatto firmare un decreto in Algeria, anche scaduto. Sì, d'accordo, però solo perchè già cominciavano ad esserci collaboratori, cominciavano ad esserci i processi, già c'erano carte". "Martelli è stato uno di quelli che ha capito che la barca stava affondando, come il senatore Andreotti". 
Benedetto D'Agostino
Imprenditore, arrestato per mafia e poi scarcerato riferisce gli incontri tra Giulio Andreotti e Michele Greco nella riservatissima sala proiezioni allestita da Italo Gemini, presidente dell'Anica Agis nel seminterrato dell'hotel Nazionale di Roma. 
Francesco Di Carlo
Nel gennaio del 1981, è Nino Salvo a fare direttamente a Di Carlo il nome di Giulio Andreotti. "Ci incontrammo all'Hotel Excelsior, a Roma. Era particolarmente elegante e io gli chiesi come mai. Mi rispose: 'Di pomeriggio devo andare dal presidente Andreotti. Ci vado con Salvo Lima'". Identica indicazione anche per un secondo inconro con Nino Salvo.
Baldassare Di Maggio
Il protagonista dell'accusa che riassume in un episodio tutto il processo: l'incontro del bacio, è tornato a delinquere nell'ottobre del '97; Arrestato ha svelato il complotto destinato a far saltare il processo. Misteriosi emissari gli avevano offerto 6 miliardi per ritrattare.
Mario Santo Di Matteo
Ha riferito sui rapporti tra i Salvo e Andreotti. Ha inserito l'omicidio di Ignazio Salvo nel quadro della vendetta per il mancato rispetto del patto sul maxiprocesso, stipulato con Andreotti attraverso Lima. Al processo si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Giovanni Drago
Riferisce sul "segnale" voluto da Riina nel 1987 con il dirottamento del voto di mafia dalla Dc al psi, ma parla anche degli "impegni" di Martelli.
Giovambattista Ferrante
E' uno dei killer di Lima. Riferisce che un suo amico, gestore di un hotel a Terrasini, in provincia di Palermo, tenne l'albergo aperto d'inverno per ospitarvi Andreotti che vi arrivò senza scorta.
Orlando Galati Giordano
Nino Marchese, fratello del pentito Giuseppe gli disse, guardando la tivù: "Quella gobba (di Andreotti) è piena di omicidi". 
Gioacchino La Barbera
"Dopo l'omicidio Lima, Antonino Gioè mi disse: 'Questo è uno dei primi, adesso ne vedrai delle belle'. E fu così anche per Ignazio Salvo che prima aveva aiutato Cosa Nostra, facendo da tramite con Andreotti, per l'aggiustamento dei processi, e poi aveva voltato le spalle. In quello stesso periodo, fu fatta un'attività di verifica sugli spostamenti del senatore Andreotti ma era troppo scortato per ucciderlo". La Barbera ha confessato il delitto Salvo.
Antonio Mammoliti
Il pentito calabrese che si dichiara innocente, racconta di un favore fatto dal capo della n'drangheta Girolamo Piromalli a Stefano Bontate su richiesta di Giulio Andreotti. Cessarono così i tentativi di estorsione ai danni del petroliere Silvano Nardini, buon amico di Andreotti.
Antonio Mancini
Altro esponente della banda della Magliana racconta del delitto Pecorelli come di una necessità imposta per far sparire le carte compromettenti sul seqeustro Moro di cui il giornalista era venuto in possesso.
Giuseppe Marchese
Riscontra Mutolo e riferisce sulle attese per il felice esito in Cassazione del primo maxiprocesso. "Figlioccio" di Riina era il destinatario privilegiato di quelle rassicurazioni che arrivavano dall'esterno del carcere. E riferisce dell'ira dei capimafia quando gli ergastoli diventarono definitivi.
Francesco Marino Mannoia
Il chimico delle cosche, vicinissimo a Stefano Bontate, racconta dell'incontro del boss con Andreotti in una riserva di caccia, prima dell'omicidio Mattarella e riferisce, per avervi assistito, ad un secondo incontro nella villa di uno degli Inzerillo. Mannoia ricorda che Andreotti vi arrivò con un'Alfa blindata, quella dei Salvo, proveniente da Trapani. Ma è sempre lui ad introdurre il mistero del quadro che il boss Pippo Calò regalò ad Andreotti.
Leonardo Messina
Il pentito nisseno, dice che Andreotti era un vero e proprio uomo d'onore con tanto di giuramento rituale. Sostiene di averlo saputo da un "picciotto" al quale lo aveva riferito il capomafia catanese Nitto Santapaola. Messina parla di processi "aggiustati" in Cassazione attraverso il giudice Corrado Carnevale e si addentra sul tema mafia-massoneria.
Fabiola Moretti
Ha vissuto dal di dentro, come donna di Danilo Abbruciati, la vita della Banda della Magliana. Racconta dei rapporti con Claudio Vitalone, di Carnevale e del delitto Pecorelli. 
Gaspare Mutolo
Racconta dei tentativi di far saltare il maxiprocesso, delle assicurazioni di Lima ai boss, dei buoni uffici di Carnevale e dell'omicidio Lima come vendetta dei boss che punivano così Andreotti per non aver rispettato i patti.
Francesco Onorato
Anche lui, sicario di Lima, spiega le ragioni del delitto e conferma il racconto di Ferrante sull'hotel.
Francesco Pattarino 
Figlio naturale del braccio destro di Nitto Santapaola, Francesco Mangion, racconta di un incontro avuto a Roma dal padre con Andreotti per l' aggiustamento delle vicende giudiziarie di Santapaola. Da Santapaola prima e dal padre, dopo, avrebbe saputo del summit catanese nel quale, all'hotel Nettuno, Andreotti avrebbe incontrato il numero uno della mafia etnea. 
Gioacchino Pennino
Il medico, ferquentatore dei salotti che contano, nipote di un capomafia e attivista politico della dc, conferma che il vassoio spedito in dono al genero di Nino Salvo, Tani Sangiorgi, per le nozze con Angela Salvo fu effettivamente mandato da Andreotti. Glielo confermò lo stesso Sangiorgi.
Marino Pulito
Il suo racconto coincide con l'episodio riferito da Annacondia.
Giuseppe Pulvirenti
Fedelissimo di Santapaola, racconta del sostegno della cosca agli andreottiani catanesi e dei rapporti con i politici palermitani.
Paolo Severino Samperi
Racconta del sostegno della mafia di Enna ad un candidato andreottiano. 
Angelo Siino
Smentisce Di Maggio: "Quello racconta sciocchezze". Ma parla dell'incontro tra Bontate e Andreotti a Catania in una riserva di caccia dei Costanzo, nel luglio del '79. 
Vincenzo Sinacori

Anche a lui Gaetano Sangiorgi, genero di Nino Salvo, parlò del vassoio d'argento che gli era stato regalato da Andreotti in occasione delle sue nozze, e gli confidò di averlo fatto sparire. "Sia Sangiorgi che Matteo Messina Denaro mi dissero che fu lo stesso Andreotti a volere il processo: bastava che ammettesse di conoscere i Salvo, e si sarebbe salvato".
Rosario Spatola
Racconta di mafia e massoneria e delle relazioni pericolose degli andreottiani trapanesi. (e.b.)

(20 febbraio 1999)
 

Nessun commento:

Posta un commento