domenica 13 febbraio 2011

OMICIDIO VITO LIPARI

 Rivelazioni sull' omicidio di Lipari Vito

La profezia del pentito Calcara: Cosa Nostra non perdonera' Borsellino 

PALERMO . Eccolo qui, l' ultimo pentito di mafia, che torna sul palcoscenico della giustizia dopo il recente decreto del governo. Sotto i clic dei fotografi, Vincenzo Calcara da' vita a un' udienza spettacolare. Polemico, ironico, sprezzante. Strapazza gli avvocati che gli tendono mille trappole, inchioda killer e mandanti di Vito Lipari, rilancia le accuse contro un altro ex sindaco di Castelvetrano, Tonino Vaccarino, rovescia fiumi di insulti su uno degli imputati che lo taccia di "infamita' ", rinnega pubblicamente la filosofia di Cosa Nostra, pronuncia la piu' sinistra delle profezie: "Le cosche non perdoneranno mai al giudice Borsellino di aver messo in ginocchio una delle famiglie piu' potenti di Trapani". L' ex soldato del clan di Castelvetrano e' in forma strepitosa. La lettera della ritrattazione? "Solo un momento di smarrimento, dovuto allo choc per le immagini della strage Falcone viste in Tv", spiega alla corte giustificando quel dietrofront che ora vuol cancellare con una memorabile "cantata". "La mia collaborazione e' appena cominciata. Ne sentirete delle belle", promette. Ma qui Calcara puo' solo parlare dell' omicidio di Vito Lipari. E dalla sua memoria affiorano i ricordi di quella mattina d' agosto di dodici anni fa, quando il pentito e altri uomini d' onore della famiglia si mobilitarono per coprire la fuga dei killer del sindaco. "Dovevamo sparare sulla pattuglia della polizia o dei carabinieri che sarebbe eventualmente passata per la stradella che da Triscina porta a Castelvetrano", spiega Vincenzo Calcara. "Eravamo pronti a fare una strage, ma non fu necessario". Poi, incalzato dalle domande dei difensori, butta giu' un particolare inedito, agghiacciante:


"Vito Lipari doveva morire a ogni costo. Se non fosse uscito di casa quella mattina, gli assassini sarebbero andati a domicilio. Avrebbero ammazzato lui e, se il caso, anche la moglie e la bambina". 


E Tonino Vaccarino? "Era il mio capo. La sera prima del delitto andammo a cenare insieme in un ristorante di Mazara del Vallo. C' erano anche Nitto Santapaola e Mariano Agate. Dopo aver mangiato, Vaccarino mi disse di allontanarmi per un' ora. Andai a passeggiare sul lungomare, a guardare le ragazze. Tornato, mi sedetti al tavolo e dopo un quarto d' ora arrivarono Francesco Mangion e altre due persone"


Dalla gabbia Mangion esplode: "Sei infame e cornuto". Calcara replica a tono: "Non ti agitare, rilassati. Infame sei tu e tutta Cosa Nostra. Io non ho paura. La mia e' stata un scelta di lealta' verso la giustizia, non di convenienza". Calcara insiste sul pentimento e sugli incontri con il giudice Paolo Borsellino. "Ogni volta che me lo trovo davanti, penso: guarda un po' , proprio io dovevo ucciderlo, e ricordo le parole che mi disse quando gli chiesi se non avesse paura. Rispose: " è bello morire per cio' in cui si crede"


E. M.
Pagina 15
(13 giugno 1992) - Corriere della Sera

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